Mostra: 97 - 100 di 100 RISULTATI

L’Oliva. Civile e Leggendaria.

L’Oliva. Civile e Leggendaria.

La sua pianta è uno dei simboli più antichi del mondo mediterraneo, in quanto risorsa alimentare preziosissima ma anche segno di una civiltà evoluta.

L’uomo coltiva, e consuma, le olive da almeno 6.000 anni, dall’alba, cioè, delle prime grandi civiltà. Non si tratta di una semplice coincidenza. La coltura olivaria può infatti esistere soltanto nel contesto di una società stabile, e quindi dotata di un’organizzazione politica ed economica complessa, perché richiede approfondite conoscenze botaniche, pratiche agricole sofisticate e il perfezionamento di tecniche di lavorazione specialistiche.

Uno storico successo 

I primi alberi di olivo comparvero nell’Asia Occidentale, tra il Caucaso, le pendici Ovest dell’Altopiano Iraniano e le coste di Siria e Palestina. La loro coltivazione era però destinata a dilagare in tutta l’area mediterranea. Così, tra il 5.000 e 1.500 A.C., migliaia e migliaia di tronchi ritorti rivestiti di piccole foglie argentate presero a disegnare il paesaggio della Mesopotamia, di Creta e di tutta la Grecia, della Turchia del sud, di Cipro e dell’Egitto. Con l’espansione delle colonie greche, poi, nell’VIII secolo A.C. la coltura delle olive raggiunse il sud Italia ed il nord Africa e si propagò anche nel sud della Francia. Gli olivi furono successivamente piantati in tutto il mediterraneo sotto la dominazione romana. Secondo lo storico Plinio, la penisola italica produce il migliore olio d’oliva a prezzi ragionevoli già nel primo secolo dopo Cristo.

Le leggende dicono…

Quando si tratta di origini tanto antiche, ecco che a fiorire il dato storico intervengono la leggende. Così, pare che agli Egiziani l’olivo sia stato donato dalla potente Dea Iside, e che in Grecia sia spuntato grazie all’intervento della Dea Atena. Secondo la tradizione Ebraica, in Palestina la pianta era già conosciuta ai tempi di Adamo. Da sempre, e ovunque, l’olivo ha simboleggiato pace, fecondità, forza e purificazione. Una corona d’olivo, in Grecia, era il segno della vittoria nei giochi olimpici, a Roma era l’onorificenza che meritavano i cittadini più insigni. Inoltre, nel mondo antico era diffusa la credenza che l’olio do’oliva conferisse forza e giovinezza, in Egitto, in Grecia e a Roma un infuso d’olio profumato con i  fiori ed erbe era usato per produrre medicine e cosmetici.

L’Olivo dei Cristiani.

Per i Cristiani e prima ancora per gli Ebrei, l’olivo era ed è un segno di augurio e di pace. Fin dai tempi di Noè. La colomba che fece uscire dall’arca dopo il diluvio universale, tornò indietro con un ramoscello di ulivo nel becco. Fu grazie a quel segno che ” Noè comprese che le acque si erano ritirate dalla Terra” . Nella cultura Ebraica, poi, l’olio veniva usato per consacrare gli arredi di culto e i Sacerdoti. Il Cristianesimo ha ereditato dai ” Fratelli Maggiori” entrambi i simboli. Infatti, la Domenica delle Palme rami di olivo sono distribuiti ai fedeli in segno di festa e di pace, mentre l’olio compare nella maggior parte nei Sacramenti, dal Battesimo alla Cresima, dall’Ordinazione Sacerdotale all’Unzione degli infermi.

Il merito dei Monasteri

Nel Medioevo olive e olio d’oliva iniziano a scarseggiare in tutta Europa. L’olio vale talmente tanto da essere considerato come denaro contante. Sulla mensa dei ricchi è un emblema di opulenza. Sulla mensa dei poveri scompare del tutto. Olivi coltivati restano soltanto nelle terre di Monasteri e spetta ai Fratelli celari, responsabili della dispensa, distribuire ogni giorno a ciascuno l’olio necessario per condire i cibi. La destinazione principale dell’olio in questi secoli soprattutto liturgica: serve per impartire i sacramenti e per illuminare il Tabernacolo e l’Altare del Signore.

L’olio e la riforma.

Il mondo Cristiano ereditò dunque dai Greci e dai Romani la triade alimentare grano, vino, olio, consacrata dai significati simbolici di fondamentale importanza. Quando il Re franco Carlo Magno, nell’800, divenne Imperatore del Sacro Romano Impero, la conversione dei popoli ad esso sottomessi fu anche alimentare. Fu introdotta la regola del digiuno penitenziale. Per lunghi periodi la carne era sostituita dal formaggio, uova e pesce. E un grande ruolo toccò all’olio di oliva. La sua inarrivabile preziosità fu scalfita soltanto diversi secoli più avanti, con l’avvento della Riforma protestante, anche nel campo dell’alimentazione.

Lutero rimetteva la decisione alla coscienza del singolo, rilevando che la pretesa avversione nei confronti della carne e degli alimenti “grassi” non era deducibile dai Vangeli. Anche il burro ebbe così la sua temporanea rivalsa, e per qualche tempo lo si spalmò sul pane senza troppi pentimenti. Almeno fino ad una cinquantina di anni fa e alla “scoperta” da parte dei dietologi americani della dieta mediterranea, che restituì alle olive e all’olio lo scettro di alimenti superiori.

Non solo da spremere

Le olive ( quelle che non diventano olio) non sono quasi mai protagoniste di complesse preparazioni. Vengono conservate in salamoi e usate per arricchire e decorare pizze, insalate e pietanze di ogni tipo. Anzi, forse il meglio di se lo danno accompagnando un fresco aperitivo. Non bisogna però dimenticare che proprio la cucina italiana offre alle olive l’occasione per stupire. In Sicilia le più carnose sono imbottite con piccanti lingue di peperoni, mentre nella zona del Piceno, e in particolare ad Ascoli, le olive ripiene sono una tradizione antichissima. La ricetta prevede ingredienti gustosi: carne, formaggio, pane grattugiato, uova, farina, aromi a piacere, e soprattutto le olive più grandi e tenere. Pare che già ai tempi dei Romani in molti ne andassero pazzi. Lo conferma il Poeta Marziale, che nei suoi Epigrammi trova il modo di citare le olive del Piceno quali desiderabili prelibatezze.

Fonte Anita Tocci

L’Arte del Convivio

L’Arte del Convivio.

Dalla disposizione dei posti a tavola alla scelta dei piatti, dall’abbinamento dei vini alla giusta presentazione delle portate: ecco come organizzare un pranzo ben riuscito.

E’ veramente un’arte, quella di essere un’ospite perfetta. Un’arte che nasce da un’insieme di capacità: quella di saper riunire una compagnia stimolante e piacevole, di ricordare le preferenze gastronomiche dei vari invitati, di creare un ambiente armonioso e tranquillo, di trovare sempre qualcosa di gradevolmente insolito da offrire.

Un’arte che, dall’altra parte, si può affinare nel tempo tenendo presenti le preziose indicazioni suggerite dal moderno galateo.

DEFINIAMO IL MENU’

La regola prevede non meno di tre e non più di cinque portate. Inoltre occorre evitare di presentare due volte pietanze e verdure della stessa qualità (ad esempio pasta al pomodoro e scaloppine alla pizzaiola). Se non si conoscono alla perfezione i gusti degli invitati meglio tralasciare piatti esotici o molto piccanti; la norma generale vuole comunque che i piatti più leggeri e delicati precedano sempre i più robusti e saporiti. In ogni caso, se si tratta di una cena si sceglieranno piatti più facilmente digeribili. E non dimentichiamo che la frutta va sempre servita alla fine del pasto. Ecco due esempi di menù per un pranzo e una cena:

PRANZO

  • Antipasto
  • Primo piatto asciutto
  • Carne o pesce con due verdure
  • Formaggio
  • Frutta

CENA

  • Minestra in brodo
  • Sformato o soufflè
  • Carne o pesce con contorno
  • Dolce
  • Frutta

 

DOV’E’ IL MIO POSTO?

 

Nel caso in cui i commensali siano un buon numero – dagli 8 ai 12 – l’assegnazione dei posti può rivelarsi basilare per la buona riuscita del pranzo. Si faranno sedere vicine persone con affinità di gusto, ambiente o attività, che trovino facilmente qualche argomento di conversazione. Al di là di questo principio generale, riguardo i posti in tavola il galateo stabilisce inoltre alcune regole:

  • i padroni di casa si siedono a capotavola, l’uno di fronte all’altra;
  • si alternano, se possibile, uomini e donne;
  • gli invitati considerati di maggior riguardo (per età, perché festeggiati, o altro) si fanno accomodare alla destra dei padroni di casa;
  • si separano le coppie di coniugi, ma non i fidanzati.

IL PRANZO E’ SERVITO

Quando si organizza un invito a tavola, ci si preoccupa di apparecchiare con particolare cura, aggiungendo sulla tovaglia anche qualche dettaglio raffinato: un candelabro elegante, un centrotavola floreale, simpatici segnaposto.

Le vivande si presentano nei piatti da portata che si porgono da sinistra, cominciando dalla signora seduta a destra del padrone di casa. Proseguendo si servono tutte le signore fino alla padrona di casa, e quindi gli uomini, a partire dall’uomo alla destra della padrona di casa.

Ogni portata va servita due volte, ad eccezione delle minestre in brodo, dei formaggi e della frutta (che naturalmente non si negano all’invitato che ne chiede il bis).

I piatti si sostituiscono (togliendoli da destra) ad ogni cambio di portata, ma solo quando tutti i commensali avranno terminato. Il pane, nell’apposito piattino, si rimpiazza prontamente prendendolo dal cestino con le pinze.

 L’IMPORTANZA DEL DESSERT

Il dolce spesso rappresenta la portata più scenografica, e attesa, dell’intero pranzo. Proprio per dargli maggior rilievo, il galateo consiglia di ripulire la tavola prima di servirlo, togliendo il pane avanzato e le briciole con l’apposita spazzola.

Ma come vanno serviti i diversi tipi di dessert?

Le torte vanno presentate intere, poi tagliate in tavola a piccole fette.

La piccola pasticceria si porge ai commensali sopra un vassoio.

Creme, mousse e budini si possono offrire nelle coppe individuali.

Questi ultimi, di consistenza morbida, vengono chiamati “dolci al cucchiaio” perché appunto si consumano esclusivamente con il cucchiaio da dessert.

Per i dolci di media consistenza basta la forchettina, accompagnata dal coltello solo nel caso di dolci più duri, come le crostate.

Infine, caffè e liquori non si servono a tavola ma in salotto.

TRA BIANCHI E ROSSI

Un tempo per ogni portata si usava servire un vino diverso, oggi anche in un pranzo di una certa eleganza i vini possono essere solo 3: un bianco, un rosso vecchio e un vino per il dessert.

Ecco una guida di pratica consultazione con i giusti abbinamenti tra vivi e vivande.

Antipasti freddi di pesce, salumi, uova, verdure: vini bianchi secchi (Soave, capri, Verdicchio, Coronata).

Antipasti caldi: vini bianchi leggeri ( Cortese, Vermentino di Gallura).

Ostriche, frutti di mare, salmone affumicato: grandi vini bianchi ( Cinqueterre, Corvo, Frecciarossa bianco).

Caviale: Vodka ghiacciata.

Minestre in brodo: vini bianchi corposi ( Cinqueterre, Lacrima Christi, Terlano, Vernaccia).

Minestre asciutte di pasta e riso: si varia a seconda del condimento. Se a base di pesce o verdure, vini bianchi secchi; se a base di carne, vini rossi leggeri.

Zuppa di pesce: rosati di buon corpo o vini bianchi abboccati e vellutati ( Castelli Romani, Est Est Est, Albania).

Pesci: vini bianchi secchi o leggermente abboccati (Brolio bianco, Tocai, Bianco di Portofino).

Carni bianche o pollame: vini rossi, profumati di medio corpo (Valpolicella, Bardolino, Grignolino).

Carni rosse di lunga cottura: (arrosti, brasati e selvaggina): vini rossi corposi invecchiati (Barbaresco, Barolo, Chianti vecchio, Brunello di Montalcino).

Carni rosse alla griglia: vini rossi giovani (Chianti Classico giovane, Sangiovese di Romagna).

Lessi: vini rossi generosi (Dolcetto, Barbera, Bonarda, Lambrusco di Sorbara).

Funghi: vini rosati (Rosato Bolgheri, Bardolino Chiaretto, Lagrein Chiaro).

Formaggi stagionati e molto saporiti: grandi vini rossi invecchiati.

Formaggi freschi e delicati:  vini bianchi leggeri e profumati.

Dolci: spumanti demi-sec o vini bianchi dolci o abboccati.

SPERO VI SIA STATO UTILE SE COSI’ E’ LASCIATE UN COMMENTO.

Frutta

Conservazione “SottoZero”

La Congelazione rappresenta una grande risorsa per chi cucina: consente infatti un risparmio di tempo e denaro ( in quanto permette di acquistare una sola volta maggiori quantità di alimenti ad un prezzo migliore); offre la possibilità di avere sempre a disposizione piatti già pronti; prolunga la disponibilità di tutti i cibi legati alle stagioni. Grazie a questa metodologia di conservazione, la profusione di ortaggi di ogni tipo, di cui godiamo durante l’estate, può venire ad esempio protratta nel tempo.

Piselli

Ma anche la congelazione ha le sue regole, che vanno rispettate affinché gli alimenti mantengano tutte le proprie caratteristiche nutritive ed organolettiche.

CONFEZIONAMENTO

Prima di essere congelati, gli alimenti devono essere opportunamente lavati e asciugati, o comunque puliti e liberati delle parti di scarto (ossa,  pelli, lische, interiora, ecc.) Si procede quindi all’imballo, indispensabile per proteggere il prodotto dall’essicazione, dalla brina e dalla trasmissione degli odori. I materiali adatti al confezionamento devono essere impermeabili e chimicamente inerti, come: il polietilene in rotoli a metraggio o in sacchetti; la pellicola in PVC per alimenti; i contenitori in alluminio o in plastica chiusi da un coperchio o da un foglio di alluminio. L’importante è che aderiscano bene al prodotto, lasciando fuoriuscire gran parte dell’aria.

Segue quindi l’etichettatura con la data di congelazione; fondamentale per controllare il tempo di giacenza e mantenere la corretta rotazione di consumo.

Frutta

STIVAGGIO

La congelazione domestica non va confusa con la surgelazione industriale, in cui i liquidi contenuti nei diversi prodotti si cristallizzano in tempi brevissimi, consentendo una perfetta conservazione dei cibi.

Quando mettiamo gli alimenti nel freezer, dobbiamo dunque fare in modo che la congelazione avvenga in un periodo il più breve possibile, perchè i cristalli che si formano siano di piccole dimensioni (come nella surgelazione) e in fase di decongelazione non provochino ampie lesioni delle pareti cellulari.

A tale proposito è necessario:

  • regolare con un certo anticipo il congelatore, portandolo alla massima temperatura;
  • non congelare in una sola volta una quantità di prodotto superiore al 10% della capacità della cella-freezer;
  • posizionare i prodotti all’interno appoggiandoli ad una delle pareti del congelatore ed evitando il contatto con alimenti già congelati (che potrebbero “riscaldarsi”);
  • non aprire lo sportello della cella durante il processo di congelazione.

DECONGELAZIONE

Diversamente da quanto si crede, è meglio cuocere direttamente gli alimenti, senza scongelarli. Questo vale per i prodotti di piccolo taglio o per i prodotti di grosso spessore da cuocere a fuoco lento. Nel caso in cui il cibo debba essere consumato crudo o lavorato prima di essere cotto, si può procedere alla scongelazione in frigorifero, un metodo lento che però evita alterazioni del prodotto.

Da evitare la scongelazione in acqua corrente, che provoca la perdita di molte sostanze nutritive.

QUANTO DURANO:

Pesce e crostacei: 2 mesi

Animali da cortile e selvaggina: 6 mesi

Pane e Pasticceria: 6 mesi

Frutta (meglio se ricoperta di zucchero o sciroppo) e verdura : 12 mesi

Carne fresca di manzo o agnello: (taglio grosso) 12 mesi, (taglio piccolo) 8 mesi

Carne fresca di maiale o vitello: (taglio grosso) 5 mesi, (taglio piccolo) 8 mesi

Carne trita e salsiccia: 2 mesi

 Cibi cotti: 2 mesi

Formaggi: (freschi) 4 mesi, (stagionati) 6 mesi

contenitori
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: