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I risultati della ricerca per:Fiori di zucca ripiene di melanzane e tacchino
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Melanzane crude si o melanzane crude no?
Una domanda che molti si fanno: melanzane crude si o melanzane crude no?
Ho da poco comprato un libro di Clara Serretta, su succhi e centrifugati di frutta e di verdure e ho scoperto succhi preparati anche con le melanzane.
C’è anche una pagina tutta dedicata ad una importante risposta: melanzane crude si o melanzane crude no?
Allora scopriamola insieme questa risposta.
In molti ritengono che le melanzane, se consumate crude, e quindi per esempio utilizzate come ingrediente di succhi e centrifughe, siano velenose.
Responsabile di questa loro presunta tossicità sarebbe la solanina, un alcaloide prodotto da alcune slonacee, quali patate e appunto melanzane, per difendersi da funghi e insetti, e quindi tossico.
In particolare il rischio di avvelenarsi, secondo alcuni si correrebbe soprattutto con le patate, la cui buccia presenta i livelli più alti di questa sostanza.
La verità è che procurarsi un’intossicazione da solanina un adulto di circa 70 chili dovrebbe mangiare 4 chili di patate crude, che non sono affatto pochi.
Nel caso delle melanzane il rischio poi è praticamente inesistente a meno che non si abbia una specifica intolleranza.
L’alcaloide contenuto nella buccia non è la solanina, ma la solasonina, e per ingerirne una quantità tossica dovremmo mangiare 2 chili di melanzane crude con la buccia o 3-4 chili senza buccia.
Non si tratta, insomma, di quantità di uso quotidiano e questa sostanza viene eliminata dall’organismo nel giro di 24 ore, pertanto le dosi sono da intendersi “al giorno”.
Tra l’altro alcuni studi dimostrano che eccedere nel consumo di solanacee non è opportuno neanche dopo la cottura: gli alcaloidi velenosi che contengono, infatti, vengono distrutti a 240 gradi, una temperatura molto più alta di quella a cui noi cuciniamo abitualmente.
La buccia della melanzana è ricca di nasunina, un pigmento naturale di colore viola che ha l’importante funzione di preservare le cellule nervose dall’invecchiamento, rendendoci quindi più “intelligenti”.
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